Liberarsi dalla dipendenza affettiva. E’ possibile.

imageRobin Norwood, la psicologa americana autrice del bestseller “Donne che amano troppo“. Prima di allora, pur ritrovando nella letteratura psicoanalitica riferimenti più o meno espliciti all’amore vissuto come una vera e propria dipendenza, gli effetti di questa forma di “ossessione” non erano ritenuti rilevanti. L’ accettazione da parte di una donna, di maltrattamenti, di soprusi, o anche solo il totale annullamento della propria persona e delle proprie aspirazioni in nome dell’amore per il proprio uomo era favorevolmente visto come un modo di preservare la stabilità e unità della famiglia, nucleo centrale della società.

Negli ultimi trent’anni, enormi stravolgimenti culturali hanno portato al centro dell’universo il singolo individuo, prima che la famiglia o il gruppo di appartenenza. Ecco quindi che è stato possibile misurare l’impatto sociale di disturbi della psiche, come appunto la dipendenza affettiva, che in precedenza erano stati largamente (e volutamente) sottovalutati.

In cosa consiste la dipendenza affettiva

Da sempre si sperimentano situazioni di dipendenza affettiva, sia in amore che nelle varie forme di legame, essa è strettamente legata al sentimento stesso che si prova per l’oggetto d’amore, motivo per il quale possiamo definirla ” legame di attaccamento”.

John Bowlby, capostipite e portavoce delle teorie dell’ attaccamento, sosteneva che la primissima interazione tra madre-figlio fosse fondamentale per considerare successivamente le varie forme di attaccamento.

Attaccamento è un termine generico che si rifà allo stato di un soggetto nei confronti di un oggetto: possiamo avere un attaccamento sicuro ed un attaccamento insicuro. Nel primo caso il soggetto si sente protetto e, pur provando gioia nel contatto con l’oggetto d’amore, può anche separarsene senza troppa angoscia perché sa di poterlo ritrovare; nel secondo caso ha un’immensa paura di perderlo e diventa così aggressivo e “dipendente”. I comportamenti di attaccamento sono tutte quelle manifestazioni che portano il soggetto a ricercare il contatto con l’oggetto (come l’aggrapparsi, il cercare con lo sguardo, l’avvicinarsi, il conforto, ecc..) oppure quelli che mostrano il disappunto (come la paura, il pianto, l’angoscia, la rabbia, ecc..) se l’oggetto viene a mancare.

In questo ultimo caso, il verificarsi di esperienze di rifiuto e/o di abbandono da parte dell’oggetto d’amore, portano il soggetto a sperimentare inconsapevolmente sia l’ambivalenza tra il dolore e la rabbia per l’amore non corrisposto, sia il dubbio di non valere abbastanza e di dover fare qualsiasi cosa per essere migliore e di conseguenza amato ed accettato.

Sintomi della dipendenza affettiva

Queste premesse , creano inevitabilmente le basi per la possibilità di sviluppare una dipendenza affettiva, i cui sintomi principali sono:

  • Paura di perdere la persona amata
  • Paura del rifiuto e/o dell’abbandono della persona amata
  • Paura di rimanere soli
  • Profondo senso di colpa
  • Rancore, rabbia e risentimento nei confronti della persona amata
  • Incapacità di mostrarsi per ciò che si è realmente per paura di non essere accettati
  • Senso di inferiorità e svalutazione rispetto alla persona amata
  • Dedizione totale alla persona amata e conseguente annullamento di sé

Il più delle volte chi ha una dipendenza affettiva, vede nel partner un “supereroe“, una sorta di risolutore dei propri problemi. Egli diventa quindi indispensabile per la propria esistenza e la sua assenza, anche temporanea, rievoca nel soggetto dipendente emotivamente un profondo senso d’angoscia ed inadeguatezza. Molte di queste persone, per colmare il loro vuoto interiore, ricorrono il più delle volte ad altre tipologie di dipendenze (cibo, alcool, droghe, tabacco, eccessivo lavoro, ecc..) ma queste non sono comunque risolutive, anzi si rivelano alla lunga parecchio dannose e difficili da gestire.

Va subito precisato un fattore  chiave. Non corrisponde a verità che la dipendenza affettiva colpisca quasi esclusivamente le donne. Anzi, pur manifestandosi in modi diametralmente opposti (nella donna dando vita a comportamenti estremamente passivi, nell’uomo in comportamenti estremamente aggressivi) possiamo stabilire che colpisce quasi in egual misura entrambi i sessi.

La dipendenza affettiva è caratterizzata da quel meccanismo mentale in cui il soggetto sembra amare a senso unico. Ama indipendentemente dall’amore che riceve, ama indipendentemente dal fatto che la sua dedizione sia o meno ricambiata. E non solo, quando pensa che il suo amore non sia pienamente corrisposto, colpevolizza se stesso e si dedica all’oggetto del suo sentimento dedicando ad esso ancor più risorse e più devozione. Inoltre, è caratterizzata dalla totale identificazione personale nel proprio oggetto d’amore: “Se è felice lui, sono felice anche io”, “Se non lo amassi più della mia stessa vita, poi lui mi lascerebbe!”, dimenticandosi spesso persino dei propri bisogni primari e delle proprie ambizioni.

Superficialmente si potrebbe pensare che solo un soggetto predisposto alle dipendenze sia prono più di altri allo sviluppo della dipendenza affettiva. Ciò è vero, ma solo in parte, perché è assolutamente possibile che un soggetto che prima di un dato momento non ha mai manifestato alcuna tendenza a comportamenti di tipo ossessivo-compulsivo, sviluppi atteggiamenti e meccanismi mentali molto prossimi a quelli della dipendenza. E’ il caso, ad esempio, di una relazione che inizia tra due persone in cui una delle due è molto più “forte” (psicologicamente, caratterialmente, economicamente) dell’altra: il soggetto più “debole”, inconsapevolmente, potrebbe essere portato ad accettare piccole o grandi umiliazioni che ben poco hanno a che vedere con l’amore vero, quello equilibrato, sano. Oppure quando una relazione inizia con uno dei due partner in evidente stato di bisogno (affettivo o economico), con la frequente conseguenza che l’altro sia portato ad alimentare la relazione foraggiando ciecamente il partner bisognoso fino a dimenticarsi delle proprie esigenze.

Rilevante, anche se poco trattata in psicologia, la dipendenza affettiva inversa. Si manifesta quando il soggetto, pur non essendo innamorato (e quindi di fatto non dipendente), si fa vincere dai sensi di colpa o di responsabilità accettando, suo malgrado, una relazione non più voluta: “Non la amo, ma se la lasciassi ne morirebbe”, “Non la lascio perché ha ancora troppo bisogno di me”.

Impatto sociale della dipendenza affettiva

Come detto prima, in passato questa forma cieca di devozione (o di abnegazione) per il partner era vista innanzitutto come un modo di preservare l’unione della famiglia. Negli ultimi decenni, con l’accentramento del concetto di “famiglia” intorno all’individuo, si è cominciato a misurare l’impatto sociale anche dei piccoli o grandi disagi psicologici del singolo.

La dipendenza affettiva non coinvolge unicamente chi ne è affetto (e, per contro, il suo partner). Ma ha effetti negativi anche sulla società:

  • Minore concentrazione sul lavoro e calo della propria produttività;
  • minore attenzione per la propria salute;
  • minore vita sociale con amici e parenti;
  • impossibilità di allacciare relazioni più sane con altri uomini/donne;
  • in casi estremi può condurre il soggetto a compiere azioni contrarie alla Legge (violenza, stalking, omicidio).

Osserviamo quindi che affrontare e guarire questo da disagio emozionale (che in una società sempre più “sola” come la nostra rischia di diventare un vero malanno generazionale) non è solo un dovere che abbiamo verso noi stessi ma anche verso la società.

Come liberarsi dalla dipendenza affettiva: La via Floriterapica

Fortunatamente ristabilirsi definitivamente dalla dipendenza affettiva e dalla predisposizione a soffrirne è possibile. Non è un percorso semplice e non è neanche breve, spesso è doloroso perché porta a sradicare piccoli e grandi traumi passati, errori di pensiero, falle in quelli che il soggetto ritiene valori di assoluta importanza per la propria vita.

Il primo, inevitabile, passo è l’ acquisizione della consapevolezza ma per poterlo fare nella maggior parte dei casi diventa fondamentale ed indispensabile la presenza di una figura competente, in grado di comprendere e far comprendere quelle che sono state le dinamiche inconsce che hanno portato il “dipendente affettivo” ad assumere i tratti tipici del “disturbo di personalità dipendente”.

I tratti tipici del disturbo di personalità dipendente sono:

  • il masochismo
  • l’autolesionismo
  • la sottomissione
  • la volontà debole
  • la scarsa autostima

Il tratto tipico che accomuna i precedenti sta nel fatto che il dipendente affettivo distorce completamente la polarità se stesso-gli altri rivolgendo tutta la propria attenzione sull’altro.

Questo schema mentale distorto si avvicina ai tratti tipologici degli individui Centaury.

Chiaro che, parlando in termini floriterapici, nello schema del disturbo di personalità dipendente saranno da prendere in esame le principali derivazioni psicopatologiche come l’autolesionismo (Pine) unito alla scarsa o addirittura inesistente autostima (Larch).

Durante il colloquio col cliente emergeranno quasi sicuramente queste caratteristiche tipologiche ma non sono esaustive per formulare in termini floriterapici la “miscela” adatta alla singola persona. Ognuno di noi è un caso a se stante, ecco perchè l’intervento del Floriterapeuta diviene indispensabile per fare un’analisi completa e dettagliata di tutte quelle che sono le dinamiche del cliente che l’hanno portato al disturbo di personalità dipendenteda qui la scelta mirata dei rimedi floreali unita all’ acquisizione della consapevolezza.

In breve liberarsi dalla dipendenza affettiva non è il distacco dalla persona o dalle persone da cui si era dipendenti, bensì l’acquisizione di una autonomia affettiva; questo è ciò che permette di entrare consapevolmente e realmente in relazione con gli altri, perché li vogliamo, perché li scegliamo, non perché abbiamo bisogno di loro per esistere!

Liberarsi dalla dipendenza affettiva ed evitare che una relazione si sviluppi in questa direzione è un atto d’amore che abbiamo nei confronti innanzitutto di noi stessi. Soffrire per amore è la negazione stessa del termine “amore”, che è gioia, felicità, crescita reciproca. Amare una persona, amarla realmente, è il dono più grande che la nostra natura umana ci possa offrire. Non lasciamo che ciò che confondiamo con un sentimento ci rovini per sempre la vita.

 

Rosalba Bruno

 

 

Nota: la figura del LIFE COACH e del FLORITERAPEUTA non vuole sostituirsi a quella del medico, dello psicologo o di altre figure professionali, non si occupa di diagnosi o di patologie mediche né di curare dei sintomi, ma di riequilibrare tutti quegli atteggiamenti emozionali negativi che possono, alla lunga, favorirli.

 

 

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